Teatro sinistro

Alfredo Sainati, un figlio d'arte ambizioso e audace, importò in Italia nel 1908 un genere spettacolare che già da qualche anno stava facendo fremere i pubblici parigini: il Grand Guignol, théàtre de Vépouvante et du rire. Ebbe successo. Da quel momento e fino alla sua morte, Sainati mise in scena le truculente pièce di marca francese, incontrando il favore del pubblico e lo scetticismo della critica (rivolto non tanto all'interprete, quanto alla bassa qualità del repertorio), e stimolando molti drammaturghi a cimentarsi con quel genere eccessivo e sanguigno che furoreggiava sulla Butte di Montmartre. Di questo trentennio granguignolesco la storiografia italiana sembra non essersi mai accorta, forse sviata dal parere lapidario di chi, come Silvio d'Amico, ebbe per il Grand Guignol solo parole di biasimo e incomprensione, lasciando intendere l'inutilità di eventuali approfondimenti. Questo libro nasce dal vuoto storico-critico che circonda Alfredo Sainati e la sua trentennale esperienza con il teatro del frisson. Si tratta, però, solo di un punto di partenza. Perché, arrivando in Italia, il Grand Guignol dovette fare a meno dei caratteri più esteriori e sbrigliati legati alla speciale atmosfera di Montmartre, quei caratteri che tanto bene si prestano all'aneddotica e che sembrano condannare chi se ne occupa alla superficie del fenomeno. Osservare il Grand Guignol dai nostri palcoscenici, invece, mette al riparo da questo rischio, e conduce al cuore di un genere che, inaspettatamente, svela punti di contatto con le contemporanee esperienze della nascente regia europea, nel segno dell'efficacia e della "crudeltà".