(1895-1958) è uno dei maggiori prosatori del Novecento russo. Eroe di guerra, poi riservista a causa della salute cagionevole, ciabattino, tele­grafista, istruttore di cunicoltura, impiegato contabile per la marina militare e di nuovo ciabattino per sbarcare il lunario. Nel frattempo scrive. Narratore comico, pur trovando nella forma breve l’ambito in cui meglio esprimere il suo innato senso dell'umorismo, non trascura altri generi (I racconti sentimentali), in particolare quello romanzesco. Romanzi brevi (Vendetta), storici (Il libro azzurro), filosofici (Il ritorno della gioventù), psicologici (Prima che sorga il sole), ma anche biografie, commedie, corrispondenze (Lettere allo scrittore) caratterizzano la seconda parte della sua carriera di scrittore. Lo segue, nel corso degli anni, un pubblico fedele, sordo ai sempre più insistenti richiami all’ordine della critica di regime. I duri at­tacchi pubblici di Zdanov nel 1946 ne decretano la morte sociale: privato dell’indispensabile tessera per gli alimentari, annullati tutti i contratti con le case editrici, riuscirà a sopravvivere solo grazie agli aiuti morali e materiali degli amici. Dal ba­ratro della miseria, della fame, dell’isolamento in cui ha trascinato anche la famiglia, scrive e riscrive le solite lettere umilianti ai vertici del Comitato Centrale, finché non gli concedono di riprendere a pubblicare. Sempre più demoralizzato, malato, indigente, si spegne nel luglio del 1958, poco dopo aver ottenuto, dopo anni di miseria, il riconoscimento della pensione.