Il visibile cinematografico

Esiste un problema del visibile distinto da quello del visto e del visivo? Come pensare la relazione fra il “pensiero di vedere” e la “visione in atto”? Quale è il rapporto fra immagine e realtà? E come questo rapporto viene a determinarsi nel cinema? Questi sono alcuni degli interrogativi posti dal presente volume, che affronta l’emergere del problema del visibile in pittura, fotografia, video, ma in primo luogo nel cinema. La questione del visibile come orizzonte è stata completamente accantonata dall’attuale esplosione audiovisiva e dai discorsi che l’hanno accompagnata, ma si ritrova in forma diretta o indiretta in alcuni dei momenti più significativi di riflessione teorica sul cinema e di pensiero filosofico, come nell’idea di «infinità» della rappresentazione organica (Hegel e Ejzenštejn); o nell’idea della percezione come orizzonte virtuale (Bergson e Epstein) o come apertura sensibile all’essere (Merleau-Ponty e Bazin); o nella distinzione fra cinematografico e filmico (Pasolini e Deleuze); o ancora nel confronto problematico fra i linguaggi e le arti della visione (Aumont e Daney).